A. Con sentenza 29 aprile 2003, la quarta sezione penale del Tribunale ordinario di ... ha condannato AO 0 alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per avere, con altre persone tra cui il defunto marito ... ..., promesso e versato somme di denaro affinché magistrati della Corte d'appello di ... e pubblici ufficiali dell'amministrazione giudiziaria violassero i loro doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di favorire l'... ... ed i suoi eredi nei vari gradi di giudizio del procedimento civile aperto fra loro e PI 2, sfociato nella sentenza 26 novembre 1990 della Corte di appello di ..., con cui l'... (divenuto poi, in seguito a fusione, AP 0) era stato condannato a pagare all'... ... e alla ... Srl la somma di 500 miliardi di Lire, e a favore del solo ... ... l'ulteriore somma di 28.485.000.000 LIT. I giudici penali milanesi hanno inoltre condannato AO 0 a risarcire a PI 2, in solido con altri, il danno cagionato, determinato in EUR 516.000.000,‑, oltre alla rifusione delle spese di lite per EUR 666.894,13 più IVA e contributi previdenziali.
Siffatta sentenza è stata deferita in appello e la causa è tuttora pendente. I primi giudici avevano in precedenza respinto la domanda di condanna ad una provvisionale come pure la concessione della provvisoria esecuzione.
B. Fondandosi sulla sentenza penale milanese di primo grado, PI 2 ha chiesto ed ottenuto che il Tribunale di ... ordinasse, il 24 giugno 2004, il sequestro conservativo dei beni di PI 1 a concorrenza di EUR 650 milioni. L'ordinanza 24 giugno 2004, pronunciata in assenza della convenuta, confermava una precedente ordinanza 10 giugno 2004 emessa inaudita altera parte. Il 20 luglio 2004, PI 2 ha poi avviato il procedimento di merito, tendente ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in relazione con i reati di corruzione di cui alla sentenza del Tribunale di ... del 29 aprile 2003. A domanda della parte attrice, la causa è stata sospesa il 16 dicembre 2004 sino all'esito del procedimento penale.
C. Il 31 gennaio 2005, la seconda Camera civile del Tribunale d'appello ha parzialmente accolto l'opposizione (ai sensi dell'art. 36 CL) interposta da PI 2 contro la sentenza 8 luglio 2004 della Pretura ..., che aveva respinto l'istanza di riconoscimento ed exequatur dell'ordinanza 24 giugno 2004 del Tribunale di ..., riformandola nei seguenti termini:
«1. L'istanza 28 giugno 2004 è parzialmente accolta.
Di conseguenza è riconosciuta e dichiarata esecutiva in Svizzera l'ordinanza 24 giugno 2004 con cui il Tribunale di ... conferma il decreto 10 giugno 2004 ordinante il sequestro conservativo dei beni di PI 1 a concorrenza di EUR 650.000.000,‑ pari a CHF 986.960.000,‑.
2. Quale provvedimento conservativo viene ordinato all'CO 1 di procedere in favore di PI 2 al pignoramento provvisorio ex art. 83 LEF di tutti i beni di PI 1 a concorrenza di EUR 650.000.000,‑ pari a CHF 986.960.000,‑.
In particolare viene ordinato il pignoramento provvisorio di tutti i beni e crediti di PI 1 di cui al pignoramento provvisorio n. ... dell'CO 1, con ripetizione del pignoramento e delle misure ex art. 98 e 99 LEF presso i terzi.
3. Al pignoramento provvisorio di cui al dispositivo n. 2 saranno applicabili gli art. 89 segg. LEF, ad esclusione dell'art. 90 e degli art. 56-63 LEF.
4. [omissis]»
D. Il 4 febbraio 2005, l'CO 1 ha comunicato allo Studio legale RI 1 il pignoramento provvisorio ordinato dalla seconda Camera civile, riproducendone sostanzialmente i dispositivi n. 2 e 3, e precisando che per quanto concerneva lo studio legale il pignoramento si estendeva segnatamente a «ogni documento relativo alla convenuta o a entità giuridiche delle quali è avente diritto economico, presso lo studio legale RI 1, RI 1, ed in particolare il rapporto 17 dicembre 1996 allestito dalla ..., Lugano, sulla ricostruzione della destinazione data alla somma versata a suo tempo dall'PI 2 alla convenuta».
Con scritto 14 febbraio 2005, l'avv. RI 2 ha comunicato all'Ufficio che «riguardo a PI 1 nonché alle entità giuridiche delle quali la medesima sarebbe asseritamente avente diritto economico, lo studio legale aveva svolto attività di consulenza legale forense, per cui ogni informazione e documentazione era sottoposta all'obbligo del segreto professionale conformemente all'art. 321 CP», rilevando «comunque trattarsi di un pignoramento provvisorio di beni, nel novero dei quali manifestamente non rientravano documenti di qualsiasi genere».
E. Il 22 marzo 2005, l'CO 1 ha informato lo Studio legale RI 1 che la sentenza 31 gennaio 2005 della seconda Camera civile era cresciuta in giudicato, ingiungendogli di comunicare, entro 10 giorni, quanto indicato nell'avviso 4 febbraio 2005.
F. In nome proprio e in nome dello Studio legale RI 1, l'avv. RI 2 si aggrava contro quest'ultimo provvedimento, chiedendone, in via principale, l'annullamento e in via subordinata l'esecuzione mediante produzione in busta chiusa di quanto riguarda l'oggetto del decreto ingiuntivo.
In sostanza, i ricorrenti fanno valere che:
– il pignoramento provvisorio ordinato dalla seconda Camera civile non costituisce un pignoramento classico ai sensi dell'art. 83 LEF bensì un mero provvedimento conservativo di blocco retto dall'art. 39 CL, più simile ad un sequestro del diritto svizzero; in ogni caso, nessuna misura della LEF può essere adottata in virtù della Convenzione di Lugano senza adattamento alle sue esigenze, in particolare per quanto concerne il rimando dell'attuazione del diritto d'informazioni dei terzi;
– il credito a garanzia del quale è stato ordinato il sequestro conservativo non è stato accertato da un giudice, né svizzero e neppure italiano; anzi il giudice di ... ha osservato nella sua decisione che la sentenza penale milanese non era provvisoriamente esecutiva e non poteva costituire attuale fondamento di azione esecutiva: non sussiste pertanto alcun titolo esecutivo di pagamento suscettibile di esecuzione forzata, e ciò fino a quando la causa civile italiana – ora sospesa – non sarà stata conclusa in base ad un giudizio definitivo e cresciuto in giudicato;
– in questa situazione, occorre applicare per analogia gli indirizzi fissati da questa Camera nella sua sentenza del 4 aprile 2001, secondo cui il dovere d'informazione dei terzi non è dato sino alla crescita in giudicato della sentenza di delibazione ed esecuzione del giudizio pronunciato all'estero, tenendo conto del fatto che nel caso concreto non esiste alcuna condanna a pagare;
– in ambito internazionalprivatistico vige il principio secondo cui una sentenza pronunciata all'estero non può esplicare nello stato d'exequatur effetti più ampi di quelli previsti dall'ordinamento dello Stato in cui è stata pronunciata: orbene, la decisione italiana delibata tende unicamente al blocco cautelare dei beni della convenuta senza che nella stessa figurino obblighi di sorta che vadano oltre il divieto di disporre dei beni toccati dal sequestro conservativo;
– in base al diritto esecutivo svizzero, PI 2, allo stadio attuale delle procedure, non sarebbe in grado di chiedere un sequestro e ancora meno un pignoramento provvisorio;
– i documenti detenuti dallo Studio legale sono coperti dal segreto professionale dell'avvocato e comunque non sono pignorabili in quanto non hanno valore di mercato; inoltre, non sussiste ai sensi dell'art. 91 LEF un obbligo d'informazione del debitore né dei terzi circa eventuali disposizioni patrimoniali avvenute nel passato.
G. Nelle sue osservazioni del 18 aprile 2005, PI 2 esprime le seguenti considerazioni:
– il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione ricorsuale dei ricorrenti: non hanno infatti spiegato né allegato in che misura la decisione lede interessi propri e non solo quelli di PI 1; inoltre, il segreto professionale protegge solo il cliente e non l'avvocato; orbene, PI 1, la cui qualità di cliente è d'altronde dubbia viste le riserve espresse dai ricorrenti, non ha ricorso contro il provvedimento impugnato, benché in applicazione analogica della giurisprudenza sviluppata in materia di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale fosse lei l'unica persona legittimata a farlo; una verifica della legittimazione ricorsuale si rivelerebbe poi impossibile, perché i ricorrenti non hanno prodotto, nemmeno in busta chiusa, la documentazione richiesta;
– l'art. 91 cpv. 4 LEF è direttamente applicabile al caso in esame, perché così disposto dalla seconda Camera civile;
– l'applicazione – preconizzata dai ricorrenti – dei principi di cui alla sentenza 4 aprile 2001 di questa Camera conduce ad ammettere che i terzi non possono più invocare il segreto professionale per rifiutare le informazioni richieste, siccome l'ordinanza del Tribunale di ... è stata definitivamente riconosciuta esecutiva in Svizzera;
– l'incertezza sull'esito del pignoramento provvisorio crea un ingiusto pregiudizio alla creditrice, in quanto la costringe a continuare in Italia una causa che potrebbe rivelarsi inutile così come ad intraprendere costose ricerche di (altri) beni e procedure di sequestro oppure a rinunciarvi con il rischio di perdite qualora il pignoramento si rivelasse poi infruttuoso;
– in materia di sequestro, l'obbligo d'informazione fondato sull'art. 91 LEF sussiste anche quando il credito del procedente non è stato accertato da sentenza definitiva, ma è solo stato reso verosimile; nel caso concreto, il credito di risarcimento vantato dalla procedente esiste ed è esigibile dal momento in cui è stato compiuto l'atto illecito; la sua verosimiglianza è stata verificata, in contraddittorio, nella procedura di exequatur;
– l'esecuzione di una sentenza estera è retta esclusivamente dal diritto dello Stato in cui è chiesta, donde l'applicabilità dell'art. 91 LEF; anche se irrilevante, il diritto italiano comunque prevede che i terzi debbano informare sull'esito del sequestro conservativo (art. 547 c.c.p.it);
– il pignoramento provvisorio è possibile indipendentemente dal valore commerciale dei documenti detenuti dai ricorrenti, poiché deve essere garantito il principio di efficacia delle misure conservative di cui all'art. 39 CL.
H. Dal canto suo, PI 1, nelle sue osservazioni 18 aprile 2005, conclude per l'accoglimento dei ricorsi, con argomenti parzialmente analoghi a quelli sostenuti dai ricorrenti, con due ulteriori precisazioni:
– la sentenza penale ... accerta non un danno materiale bensì un torto morale, che vista la cifra decisa (EUR 516 milioni) assume carattere di punitive damage non riconoscibile in Svizzera; inoltre la sentenza è stata impugnata e la provvisoria esecuzione le è stata negata;
– il processo civile di ... è sospeso – a domanda di PI 2 – e la convenuta ha sollevato l'eccezione di litispendenza, l'attrice avendo in precedenza chiesto il risarcimento del danno materiale asseritamente subito in sede di appello contro la sentenza penale.
I. L'CO 1 si è rimesso alla decisione di questa Camera.
Considerando in diritto:
1.Lo «Studio legale RI 1» non risulta essere un'entità dotata di personalità giuridica e pertanto in sé difetta della legittimazione per ricorrere. Il provvedimento impugnato è tuttavia indirizzato a tale studio legale e deve essere inteso – ciò che non è contestato dalle parti – come diretto contro i suoi titolari alla data del provvedimento: in tal senso, il loro ricorso è ammissibile.
2. Legittimata a ricorrere ai sensi dell'art. 17 LEF è quella parte che ha un interesse proprio, attuale, pratico e degno di protezione nell'ambito di un'esecuzione o di un fallimento (Cometta, Basler Kommentar zum SchKG, vol. I, Basilea/Ginevra/Monaco 1998, n. 38 ad art. 17; Cometta, Commentario, n. 3.3.1 ad art. 7 p. 122; Gilliéron, Commentaire de la loi fédérale sur la poursuite pour dettes et la faillite, vol. I, Losanna 1999, n. 140 ss. ad art. 17; F. Lorandi, Betreibungsrechtliche Beschwerde und Nichtigkeit, n. 168 ad art. 17).
2.1. Per quanto concerne il caso in esame, occorre ricordare che sia il Tribunale federale sia questa Camera – implicitamente – hanno riconosciuto la legittimazione delle banche a ricorrere contro un «pignoramento provvisorio» ordinato in applicazione dell'art. 39 CL (cfr. STF 7B.14 e 15/2001, cons. 2; CEF 4 aprile 2001 [15.01.8/9/56/57]). Non vi sono motivi per non riconoscere la stessa legittimazione agli avvocati, tanto più che anch'essi sono tenuti al rispetto di un segreto professionale (art. 321 CP). L'interesse personale e diretto della banca e dell'avvocato va infatti individuato nella loro libertà personale (art. 10 e 13 Cost.) e commerciale (art. 27 Cost.) che consente loro di rifiutare di dare informazioni sui propri clienti e affari ad ogni organo dello Stato, la cui richiesta non sia fondata su un'appropriata base legale. Tale interesse è del resto accresciuto nel caso di persone tenute al rispetto di un segreto professionale, la cui violazione comporta sanzioni penali (art. 47 LB; 321 CP). Certo, PI 2 rileva giustamente che l'art. 91 cpv. 4 LEF costituisce la base legale che consente all'Ufficio di ottenere informazioni anche da parte di terzi vincolati a un segreto professionale. La questione da risolvere in concreto risiede però appunto nel determinare se questa norma sia o no applicabile nella fattispecie.
2.2. Per la questione della legittimazione è irrilevante che i ricorrenti non abbiano, nell'atto ricorsuale (cfr. però lo scritto 14 febbraio 2005, supra ad D nonché il doc. 9 prodotto da PI 2), rivelato se PI 1 è – o è stata – cliente dello studio legale. Hanno infatti un interesse personale autonomo a criticare l'applicazione dell'art. 91 LEF, anche nel caso in cui l'escussa non fosse (stata) loro cliente.
2.3. In via subordinata, la resistente si richiama alla giurisprudenza sviluppata in ambito di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, secondo cui solo il titolare del conto, e non la banca, è abilitato a ricorrere contro un ordine che imponga a quest'ultima di svelare segreti del cliente (DTF 128 II 211, cons. 2.3). Tale indirizzo, asseritamente fondato sull'art. 48 lett. a PA, varrebbe anche nella procedura amministrativa federale e quindi anche nella procedura di ricorso retta dall'art. 17 LEF (cfr. CEF 10 ottobre 2003 [14.03.64], cons. 1.5b, RTiD 2004 II n. 93b; Cometta, op. cit., n. 36 e 38 ad art. 17; Gilliéron, op. cit., n. 152 ad art. 17). In realtà, il Tribunale federale, nella citata sentenza, ha fondato la sua decisione sull'art. 80h lett. b AIMP e non sulla legge di procedura federale amministrativa (PA). Anzi, la sua dimostrazione è incentrata sul fatto che con l'entrata in vigore, il 1° febbraio 1997, degli art. 80h lett. b AIMP e 21 cpv. 3 OAIMP, la precedente giurisprudenza (DTF 118 Ib 447, cons. 2c), che ammetteva la legittimazione delle banche, risulta superata (cfr. DTF 128 II 218 ss., cons. 2.4). La nuova giurisprudenza vale pertanto soltanto in ambito di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale. Quanto al riferimento all'art. 48 lett. a PA citato dalla resistente (DTF 128 II 219, cons. 2.4), non è da attribuire al Tribunale federale: niente indica nella sentenza che quell'autorità abbia voluto scostarsi, fuori dall'ambito dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, dall'interpretazione data all'art. 103 lett. a OG nella sua sentenza pubblicata in DTF 118 Ib 447. D'altronde, la questione dell'applicazione agli avvocati del principio posto nella sentenza pubblicata in DTF 128 II 219 è stata lasciata aperta in una successiva decisione (cfr. DTF 130 II 165, cons. 1.3).
2.4. È infine irrilevante dal profilo della legittimazione ricorsuale che PI 1 abbia rinunciato a ricorrere contro il provvedimento impugnato. I ricorrenti, come visto, hanno un interesse proprio ed indipendente a contestare le condizioni d'applicazione dell'art. 91 LEF. D'altra parte, l'obbligo dei ricorrenti a fornire informazioni nell'ambito di cui trattasi non può dipendere dallo svincolo dal segreto professionale che si volesse individuare nell'accennata omissione della convenuta. Ciò che comunque in concreto non è dato, visto il tenore delle osservazioni di quest'ultima (cfr. cons. H).
2.5. I ricorsi sono pertanto ricevibili, indipendentemente dal fatto che i ricorrenti non abbiano prodotto i documenti richiesti, né affermato che PI 1 fosse loro cliente.
3. Questa Camera esamina d'ufficio la propria competenza (art. 4 LPamm per rinvio dell'art. 5 cpv. 1 LPR), anche se il presupposto appare pacifico fra le parti. A questo riguardo, il Tribunale federale ha già avuto modo di stabilire che l'autorità di vigilanza è competente per dirimere i ricorsi diretti contro l'esecuzione – affidata a un ufficio di esecuzione – di un «pignoramento provvisorio» ordinato da un giudice quale provvedimento conservativo ai sensi dell'art. 39 CL (cfr. STF 7B.14 e 15/2001, cons. 3c). Il fatto poi che – in quella fattispecie – la misura fosse stata ordinata dal Pretore mentre nel caso in esame emana dalla seconda Camera civile nella sua qualità di autorità di ricorso ai sensi dell'art. 36 CL appare irrilevante per la questione della competenza di questa Camera, siccome, nell'ottica del Tribunale federale, la circostanza determinante sotto questo profilo è che la misura ordinata non sia una misura cautelare prevista dal diritto cantonale, ma un «pignoramento provvisorio», ossia un provvedimento regolato dal diritto esecutivo federale, ancorché la sua esecuzione sia stata affidata dal giudice civile all'ufficio di esecuzione. Occorre tuttavia precisare che la competenza di questa Camera è limitata alle questioni meramente esecutive, compresi i necessari adattamenti della misura esecutiva ordinata alle esigenze dell'art. 39 CL; per il resto, le autorità esecutive devono attenersi ai termini del decreto emanato dal giudice civile, senza possibilità di verificarne il fondamento (cfr. CEF 30 novembre 2001 [15.01.272], cons. 2.2: applicabilità degli art. 106 ss. LEF; 9 settembre 2002 [15.02.115], cons. 3.4 e 3.5: applicabilità degli art. 90 e 91 e 99 LEF; 22 ottobre 2002 [15.02.119]: applicabilità dell'art. 61 LEF).
4. PI 2 sostiene a favore della reiezione dei ricorsi, l'applicabilità diretta dell'art. 91 cpv. 4 LEF, in quanto menzionato esplicitamente dalla seconda Camera civile nella sentenza del 31 gennaio 2005 (dispositivo n. I/3). Come esposto sopra (cons. 3 i.f.), questa Camera si è sempre dichiarata competente per pronunciarsi sui necessari adattamenti alle esigenze dell'art. 39 CL dei provvedimenti conservativi ordinati dal giudice civile, in particolare per quanto concerne l'estensione dell'obbligo d'informazione dei terzi in virtù dell'art. 91 cpv. 4 LEF (cfr. CEF 4 aprile 2001 [15.2001.8/9/ 56/57], cons. 5; 9 settembre 2002 [15.02.115], cons. 3.5/c). Così facendo, si è del resto limitata a conformarsi a quanto indicatole dal Tribunale federale (cfr. STF 7B.14 e 15/2001, cons. 3c). Di conseguenza, quanto deciso dalla seconda Camera civile sull'applicabilità delle norme della LEF (in particolare dell'art. 91 cpv. 4) non vincola questa Camera.
5. Le parti disputano la questione di sapere se una decisione estera riconosciuta in Svizzera possa esplicarvi effetti più ampi di quelli conferiti dall'ordinamento dello Stato in cui è stata pronunciata.
5.1. Qualora, come sostengono i ricorrenti, al quesito sia da dare una risposta negativa, i terzi non sarebbero tenuti a indicare l'esito del pignoramento conservativo ove il diritto italiano non prevedesse tale obbligo. Orbene, secondo l'art. 678 cpv. 1, terzo periodo c.p.c.it., «il giudizio sulle controversie relative all'accertamento dell'obbligo del terzo (549) è sospeso fino all'esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l'immediato accertamento dei propri obblighi». Ciò significa che se il terzo rifiuta, come nel caso di specie, di specificare, ai sensi dell'art. 547 c.p.c.it., di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso – rifiuto che la giurisprudenza italiana ritiene non antigiuridico in quanto il terzo non ha l'obbligo di rendere la dichiarazione (cfr. sentenza 19 settembre 1995 n. 9888 della Cassazione civile, Sezione 3, citata da Francesco Bartolini/ Pietro Dubolino, Codice di procedura civile annotato, 2a ed., Piacenza 2003, p. 1729 e Nicola Picardi, Codice di procedura civile, 2a ed., Milano 2000, n. 4 ad art. 547) –, il creditore non può convenirlo in giudizio in conformità dell'art. 548 c.p.c.it. prima della definizione della causa di merito. Nel caso concreto, essendo l'azione di risarcimento sospesa, al momento non sono date le condizioni per costringere i terzi a specificare i beni pignorati.
Invece, qualora si applichi esclusivamente il diritto esecutivo svizzero, indipendentemente da quello italiano, i ricorrenti sarebbero tenuti ad informare l'Ufficio in virtù dell'art. 91 cpv. 4 LEF. Infatti, poiché «il pignoramento provvisorio» ordinato quale provvedimento conservativo ai sensi dell'art. 39 CL deve essere assimilato a un sequestro LEF (cfr. STF 7B.14 e 15/2001, cons. 3c; CEF 4 aprile 2001 [15.2001.8/9/56/57], cons. 5) – punto sul quale le parti concordano – i terzi sono obbligati a informare l'Ufficio sull'esito del provvedimento («pignoramento provvisorio» o sequestro LEF) non appena questo sia cresciuto in giudicato (cfr. DTF 125 III 391). A questo riguardo è indifferente che l'ordinanza del Tribunale di ... non contenga una condanna a pagare e che la causa di merito non sia terminata. Anche nell'ipotesi di una controversia sorta in Svizzera il creditore può ottenere il sequestro dei beni del debitore durante la causa di merito (che per ipotesi ha promosso in Svizzera contro quest'ultimo), rendendo verosimili l'esistenza del credito che vanta e la sussistenza di una causa di sequestro, ciò che gli conferisce il diritto di conoscere l'esito del sequestro ancora prima che sia terminata la causa di merito. Va inoltre evidenziato come la verosimiglianza del credito e della causa del sequestro (conservativo) sia stata esaminata dal Tribunale di ..., l'art. 671 c.p.c.it. ponendo quali presupposti per l'autorizzazione del sequestro conservativo l'esistenza del «fumus boni iuris» e del «periculum in mora» (cfr. Bartolini/Dubolino, p. 1990; Matteo Pedrotti, Le séquestre international, tesi Friborgo 2001, p. 36 s.).
5.2. La questione dell'estensione degli effetti di una sentenza estera riconosciuta e/o dichiarata esecutiva in un altro Stato è controversa. Per quanto concerne i giudizi che ricadono nel campo di applicazione della Convenzione di Lugano, la giurisprudenza europea e la dottrina dominante ritengono che il riconoscimento abbia quale conseguenza l'estensione degli effetti della sentenza estera sul territorio nazionale dello Stato richiesto – cosiddetto principio della «Wirkungserstreckung» (cfr. CGCE del 4 febbraio 1988 Hoffmann/Krieg (145/86), n. 9-11; Reinhold Geimer/Rolf A. Schütze, Europäisches Zivilverfahrensrecht, 2a ed., Monaco 2004, n. 2 vor Art. 33; Jan Kropholler, Europäisches Zivilprozessrecht, Kommentar zu EuGVO und Lugano-Übereinkommen, 7a ed., Heidelberg 2002, n. 9 vor Art. 33) – mentre la questione dell'esecuzione di una sentenza estera dichiarata esecutiva in un altro Stato è regolata esclusivamente dal diritto interno dello Stato richiesto, alla condizione che non ostacoli il cosiddetto «effetto utile» della Convenzione (cfr. CGCE del 2 luglio 1985 Deutsche Genossenschaft c. Soc. Brasserie du Pêcheur (148/84), n. 18; CGCE del 4 febbraio 1988 Hoffmann/Krieg (145/86), n. 28; Geimer/Schütze, op. cit., n. 8 s. e 86 vor Art. 38; Kropholler, op. cit., n. 18 vor Art. 33 e n. 3 ad art. 38; Hélène Gaudemet-Tallon, Compétence et exécution des jugements en Europe, 3a ed., Parigi 2002, n. 464).
5.3. Alla questione da risolvere in concreto, di natura esclusivamente esecutiva, si applica pertanto il diritto svizzero. Tuttavia, né la LDIP né la LEF definiscono esplicitamente la procedura di esecuzione delle decisioni estere. Contrariamente a quanto sostiene PI 2, un'applicazione diretta (e non solo per analogia) del diritto di procedura interno svizzero, ossia la LEF, non è quindi proponibile. La lacuna legislativa deve essere colmata con riferimento alla dottrina e alla giurisprudenza più autorevoli (cfr. art. 1 cpv. 3 CC). In Svizzera, il Tribunale federale e la maggioranza degli autori adottano un approccio pragmatico della questione, qualificato come «teoria dell'estensione controllata» o «modificata» oppure «teoria della cumulazione», secondo il quale una decisione estera non può sostanzialmente esplicare in Svizzera effetti maggiori o diversi da quelli riconosciuti alla stessa nello Stato di origine («Wirkungserstreckungstheorie») e – inoltre – non può avere effetti che lo Stato richiesto non ammette anche a favore delle decisioni analoghe pronunciate sul proprio territorio («Gleichstellungs– oppure Nostrifizierungstheorie») (cfr. DTF 130 III 342, cons. 2.5; 129 III 635, cons. 5.2.3; 120 II 83, cons. 3a/bb; Paul Volken, Zürcher Kommentar zum IPRG, 2a ed., Zurigo/Basilea/ Ginevra 2004, n. 30-34 ad art. 25; Bernard Dutoit, Commentaire de la LDIP, 3a ed., Basilea/Ginevra/ Monaco 2001, n. 3 ad art. 25; Gerhard Walter, Internationales Zivilprozessrecht der Schweiz, 3a ed., Berna/Stoccarda/Vienna 2002, p. 355 s. ad 1; Teddy S. Stojan, Die Anerkennung und Vollstreckung ausländischer Zivilurteile in Handelssachen, tesi Zurigo 1986, p. 176 s. ad 11.1.4 e p 178 ss. ad 11.3; più sfumati: Kurt Siehr, Das internationale Privatrecht der Schweiz, Zurigo 2002, p. 679; Andreas Bucher, Droit international privé suisse, vol. I/1, Basilea 1998, n. 208). Non vengono distinti gli effetti del riconoscimento da quelli dell'exequatur.
5.4. Per quanto riguarda il caso in esame, si può concludere dalle considerazioni che precedono che, poiché il sequestro conservativo decretato a ... non può avere in Svizzera effetti più ampi di quelli riconosciuti in Italia, i ricorrenti non saranno tenuti ad informare l'CO 1 sull'esito di siffatto provvedimento finché non sarà stata emanata nella causa di merito una sentenza definitivamente riconosciuta in Svizzera (cfr. supra ad 5.1) oppure finché non lo ordinerà esplicitamente lo stesso Tribunale di ... con decisione riconosciuta esecutiva in Svizzera (cfr. per analogia la sentenza 14 marzo 2000 della seconda Camera civile del Tribunale d'appello in re T. c/ L. Ltd., Rep. 1999, n. 78, p. 257 ss.). Non va certo ignorato che l'CO 1 fonda la sua domanda d'informazione non già sulla decisione italiana di sequestro conservativo bensì sul «pignoramento provvisorio» ai sensi dell'art. 39 CL ordinato dalla seconda Camera civile. È però ovvio che quest'ultimo provvedimento, vista la sua natura puramente cautelare, non può esplicare effetti maggiori rispetto alla decisione principale (sequestro conservativo) di cui garantisce l'esecuzione.
6. Visto l'esito del ricorso, può rimanere aperta a questo stadio della procedura la questione di sapere se i documenti eventualmente detenuti dai ricorrenti siano o no pignorabili.
7. I ricorsi vanno pertanto accolti.