1. Il 31 ottobre 2001 e 4 luglio 2002 la società CO 1 Cantù (Como) ha emesso due fatture di complessivi EUR 4.131,64 per la fornitura di una cucina a RI 1, domiciliata a Bellinzona, sulle quali quest'ultima ha versato un acconto di EUR 516.45. Per il recupero del saldo di EUR 3.165,20 CO 1 si è rivolta al Tribunale ordinario di Como, Sezione distaccata di Cantù, che il 21 febbraio 2003 ha emanato un decreto con il quale ha ingiunto a RI 1 di pagare l'importo di EUR 3.165,20 oltre interessi e spese giudiziarie e notarili. Sulla base di detto decreto CO 1. ha notificato a RI 1 il PE n. ... dell'UEF di Bellinzona per l'incasso di EUR 3.165,20 oltre interessi e spese giudiziarie e notarili, pari a CHF 6.796,30, al quale l'escussa ha interposto opposizione.
2. Con istanza del 25 gennaio 2005 CO 1 ha chiesto al Pretore del Distretto di Bellinzona il rigetto in via definitiva dell'opposizione interposta da RI 1 al PE sopraccitato, producendo il menzionato decreto ingiuntivo a valere quale titolo esecutivo, di cui ha preventivamente chiesto il riconoscimento ai sensi dell'art. 31 segg. della Convenzione di Lugano. La convenuta si è opposta all'istanza contestando la validità del decreto ingiuntivo italiano e della sua notifica in Svizzera, la stessa essendo vietata dall'art. 633 cpv. 3 c.p.c. italiano (c.p.c.it), disposto che nonostante la sua abrogazione è stato ritenuto ancora valido per i contratti conclusi prima del 8 agosto 2002 (cfr. art. 11 delle disposizioni transitorie finali del Decreto legislativo del 9 ottobre 2002). Essa ha inoltre eccepito l'incompetenza del giudice italiano all'emanazione del decreto ingiuntivo poiché la competenza in materia contrattuale secondo la Convenzione di Lugano compete al giudice del luogo di adempimento dell'obbligazione principale, ovvero al giudice svizzero del suo domicilio.
3. Con sentenza 22 marzo 2005 il Segretario assessore, accertato che la decisione estera era stata regolarmente notificata alla convenuta che non vi si è opposta, donde il carattere definitivo ed esecutivo del medesima, ha assimilato il decreto ingiuntivo italiano a un titolo esecutivo ai sensi dell'art. 80 LEF e ha quindi accolto l'istanza di rigetto presentata dall'istante. Egli ha altresì respinto le eccezioni sollevate dalla convenuta sia con riferimento alla nullità del decreto, l'art. 633 cpv. 3 c.p.c.it che vieta l'ingiunzione all'estero essendo stato abrogato, che con riferimento all'incompetenza del giudice estero.
4. Con il presente tempestivo gravame RI 1 è insorta contro il predetto giudizio postulandone l'annullamento sulla base del titolo di cassazione di cui all'art. 327 lett. g c.p.c. Essa rimprovera al primo giudice di aver erroneamente applicato il diritto sostanziale attribuendo al decreto ingiuntivo la qualifica di valido titolo esecutivo nonostante la nullità del medesimo, le norme di diritto italiano vietando la notifica del decreto ingiuntivo a persone residenti all'estero. La ricorrente si duole infine della lesione dell'art. 5 cifra 1 CL sulla base del quale essa avrebbe dovuto essere convenuta in giudizio in Svizzera e non in Italia. Nelle sue osservazioni 25 aprile 2005 CO 1 postula la reiezione del ricorso.
5. Giusta l'art. 327 lett. g c.p.c. una sentenza del Pretore o del Giudice di pace può essere annullata quando è stata manifestamente violata una norma di diritto materiale o formale oppure in caso di valutazione manifestamente errata di atti di causa o di prove. Per costante giurisprudenza del Tribunale federale una decisione è arbitraria quando viola gravemente una norma o un principio giuridico chiaro ed indiscusso o quando contrasta in modo intollerabile con il sentimento della giustizia e dell'equità. Arbitrio e violazione della legge non vanno confusi; per essere definita come arbitraria tale violazione dev'essere manifesta e riconosciuta (o riconoscibile) a prima vista; l'arbitrio non può essere ravvisato già nella circostanza che un'altra soluzione sarebbe immaginabile o persino preferibile; è doveroso scostarsi da questa scelta solamente se simile soluzione appare come insostenibile, in contraddizione palese con la situazione reale, non sorretta da ragione oggettiva o lesiva di un diritto certo (DTF 129 I 8 consid. 2.1; 128 I 273 consid. 2.1; 127 I 60 consid. 5a).
6. Secondo l'art. 80 cpv. 1 LEF quando il credito sia fondato sopra una sentenza esecutiva, il creditore può chiedere in giudizio il rigetto definitivo dell'opposizione. La nozione di decisione ai sensi dell'art. 80 cpv. 1 LEF concerne tuttavia solo i titoli retti dal diritto federale o cantonale (A. Staehelin/Bauer/D. Staehelin, Basler Kommentar zum SchKG, vol. I, 1998, n. 3 ad art. 80). Il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni e titoli assimilati esteri è invece regolato dalle convenzioni bilaterali o multilaterali concluse dalla Svizzera o, per difetto, dalla LDIP (cfr. art. 25 ss. e 28 LDIP). Trattandosi di una decisione estera di condanna al pagamento di una somma di denaro, l'eventuale pronuncia del rigetto dell'opposizione richiesto sulla base di questo titolo presuppone la dichiarazione di esecutività da parte del giudice del rigetto (procedura di exequatur, art. 32 CL; cfr. A. Staehelin/Bauer/ D. Staehelin, op. cit., n. 59 e 68 ad art. 80; DTF 125 III 386; Sentenza TF 5P.275/2002).
In concreto non è contestata l'applicabilità della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Convenzione di Lugano, in seguito: CL in RS.0.275.11). In quest'ambito il giudice del rigetto deve verificare d'ufficio se l'istante ha prodotto i documenti richiesti dagli art. 46 e 47 CL e se non è dato un caso di esclusione del riconoscimento ai sensi degli art. 27 e 28 cpv. 1 e 2 CL (Stücheli, Die Rechtsöffnung, 2000, pag. 120).
7. Secondo l'art. 31 cpv. 1 CL le decisioni rese in uno Stato contraente e quivi esecutive sono eseguite in un altro Stato contraente dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza della parte interessata. La domanda di riconoscimento può essere rigettata solo per uno dei motivi previsti dagli art. 27 e 28 CL, senza che si possa invece effettuare un riesame del merito della decisione straniera (cfr. art. 29 CL). Nel fattispecie, la decisione prodotta a valere quale titolo esecutivo e di cui è preventivamente chiesto il riconoscimento, è un decreto ingiuntivo reso ai sensi degli art. 633 e segg. del Codice di procedura civile italiano (c.p.c.it), passato in giudicato in assenza di opposizione (art. 647 c.p.c.it). Tale decreto è riconosciuto come decisione ai sensi dell'art. 25 CL (Rep. 1995, n. 70; SJ 1997 pag. 567).
8. La parte che invoca il riconoscimento o chiede l'esecuzione di una decisione deve produrre i documenti indicati agli art. 46 e 47 CL (cfr. art. 33 cpv. 3 CL), la cui regolarità e completezza deve essere verificata dal giudice del rigetto (A. Staehelin/Bauer/D. Staehelin, op. cit., n. 70 ad art. 80; Stücheli, op. cit., pag. 277 seg.). Secondo l'art. 46 cifra 1 CL l'istante deve produrre una spedizione completa, ovvero una copia della decisione che presenti tutte le formalità necessarie alla sua autenticità dovendo dimostrare che il suo contenuto corrisponde a quello dell'originale (Donzallaz, La Convention de Lugano, Volume II, 1997, n. 3713). Ciò che l'istante ha ossequiato producendo copia dell'originale del decreto ingiuntivo italiano del 21 febbraio 2003 debitamente firmato e munito dei bolli e del timbro del Tribunale di Como (doc. B). A proposito della produzione della decisione da delibare in copia e non in originale, va rilevato che spetta alla parte che si oppone al riconoscimento della sentenza straniera provare il mancato adempimento dei requisiti posti al suo riconoscimento (Kropholler, Europäisches Zivilprozessrecht, Kommentar zu EuGVO und Lugano-Übereinkommen, 6ª ed., 1998, n. 7 ad vor Art. 26), ciò che la convenuta ha omesso di fare non avendo sollevato nessuna contestazione in tal senso.
9. La parte che chiede l'esecuzione deve inoltre produrre qualsiasi documento atto a comprovare che, secondo la legge dello Stato di origine, la decisione è esecutiva (Donzallaz, op. cit., n. 3519, 3521 e 3737) ed è stata notificata (art. 47 cifra 1 CL). In concreto risulta che al decreto ingiuntivo 21 febbraio 2003, emanato inaudita altera parte, la convenuta non ha interposto opposizione, così come previsto dagli art. 641 e 645 c.p.c., sicché è diventato esecutivo (art. 647 c.p.c.it). Inoltre la ricorrente non ha contestato che decisione le è effettivamente pervenuta (Donzallaz, op. cit., n. 3746 e 3750). Certo la notifica del decreto è avvenuta mediante invio postale raccomandato (cfr. doc. B) e non seguendo la via consolare prevista dalla Convenzione dell'Aia del 15 novembre 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all'estero degli atti giudiziari e extragiudiziari in materia civile o commerciale (CLA65 in RS 0.274.131) nell'ambito della quale la Svizzera si è espressamente opposta all'uso sul proprio territorio della trasmissione diretta degli atti giudiziari tramite posta (cfr. art. 1 cpv. 3 del decreto federale del 9 giugno 1994 concernente tre Convenzioni dell'Aia e un Accordo europeo relativi all'assistenza giudiziaria in materia civile e commerciale in: RU 1994 III pag. 2807; Bischof, Die Zustellung im internationalen Rechtsverkehr in Zivil- oder Handelssachen, 1997, pag. 159, n. 3.3). Tuttavia il mancato ossequio delle formalità previste dalla CLA65 non comporta la nullità della notifica in quanto tale, poiché una notifica irregolare non è nulla se la stessa è effettivamente pervenuta alla parte e questa non ha subito alcun pregiudizio (sentenza del Tribunale federale 5C.179/2000 dell'11 gennaio 2001 consid. 2b; Donzallaz, op. cit., n. 2978 e 3751), ciò che la convenuta non ha mai preteso.
10. Accertato l'adempimento delle formalità sopra menzionate, l'istanza di exequatur può essere rigettata solo per uno dei motivi previsti dagli art. 27 e 28 CL (art. 34 cpv. 2 CL), che devono essere esaminati d'ufficio dal giudice del rigetto, senza che questi sia tenuto a ricercare di propria iniziativa i fatti rilevanti (Kropholler, op. cit., n. 8 ad vor Art. 26; A. Staehelin/Bauer/D. Staehelin, op. cit., n. 71 ad art. 80; Stücheli, op. cit., pag. 278), ritenuto che spetta in ogni caso alla parte convenuta evidenziare l'esistenza di motivi che si oppongono al riconoscimento della sentenza straniera (Donzallaz, op. cit., n. 3587). Nel caso di specie la convenuta, eccependo la nullità della sentenza straniera a dipendenza della pretesa violazione dell'art. 633 cpv. 3 c.p.c.it, si è in sostanza avvalsa dell'eccezione di contrarietà della stessa all'ordine pubblico processuale, eccezione proponibile sia nell'ambito della procedura di exequatur (art. 27 cifra 1 CL), che nell'ambito della procedura di rigetto dell'opposizione come quella che ci occupa. In questa procedura l'escussa può infatti avvalersi sia delle eccezioni previste dall'art. 81 cpv. 1 LEF che di quelle previste dalla CL (cfr. art. 81 cpv. 3 LEF; SJZ 1992 pag. 117 segg.), mentre non è più possibile rivedere il merito della decisione (Stücheli, op. cit., pag. 231 e 271).
Quanto alla pretesa violazione dell'ordine pubblico processuale, ciò presuppone una manifesta violazione di norme di diritto processuale da parte del giudice italiano, la quale non è data se la parte interessata disponeva di un rimedio di diritto per sanzionare tale violazione (Kropholler, op. cit., n. 10 ad art. 27), come è il caso in concreto la convenuta non avendo sollevato la pretesa violazione dell'art. 633 cpv. 3 c.p.c.it opponendosi al decreto ingiuntivo. Ancorché la predetta norma, secondo la quale l'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione all'intimato deve avvenire fuori dalla Repubblica italiana, sia stata abrogata (v. art. 9 decreto legislativo del 9 ottobre 2002, n. 231: cfr. Carpi/ Taruffo, Commentario breve al Codice di procedura civile, 2004, n. 2 ad art. 633), la ricorrente la ritiene ancora applicabile. Se non che, trattandosi del riconoscimento di una sentenza estera, al giudice svizzero del rigetto dell'opposizione non compete la verifica della validità della decisione, che se del caso spettava alla convenuta impugnare dinanzi ai tribunali italiani. Il decreto ingiuntivo emanato in violazione dell'art. 633 cpv. 3 c.p.c.it non è infatti affetto da nullità assoluta ma solo relativa, nel senso che la sua validità può essere denunciata soltanto con l'atto di opposizione tempestivamente proposto (art. 645 c.p.c.it; cfr. Carpi/ Taruffo, op. cit., n. 10 ad art. 633; Picardi, Codice di procedura civile, 2004, pag. 2054), opposizione come detto mai sollevata dalla convenuta.
11. La convenuta si duole infine della lesione dell'art. 5 cifra 1 CL secondo il quale essa avrebbe dovuto essere convenuta in giudizio dinanzi ai tribunali svizzeri. L'art. 28 cpv. 4 CL esclude tuttavia, salvo determinati casi non realizzati in concreto, la verifica della competenza del giudice italiano, che la convenuta avrebbe se del caso dovuto eccepire opponendosi al decreto ingiuntivo (Donzallaz, op. cit., n. 3137 e n. 3192), verifica alla quale la Svizzera ha comunque rinunciato dal 31 dicembre 1999 (data di decadenza della riserva contenuta all'art. Ibis del Protocollo n. 1 alla CL con la quale il nostro Paese si era riservato il diritto di non riconoscere una decisione estera nel caso in cui la competenza del giudice si fosse fondata unicamente sull'art. 5 cifra 1 CL). Ad ogni buon conto, va pure rilevato che l'art. 5 cifra 1 CL prevede, in materia contrattuale, la competenza del giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio deve essere eseguita, di modo che, trattandosi della richiesta di pagamento del prezzo di compravendita di una bene, la stessa deve essere effettuata al domicilio del venditore, ovvero, in concreto, a Cantù (cfr. art. 1498 cpv. 3 CCI e art. 20 c.p.c.it; Picardi, op. cit., n. 6 ad art. 20 c.p.c.it; Donzallaz, La Convention de Lugano, Volume III, 1998, n. 4700).
12. Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso, che non ha evidenziato nessun titolo di cassazione, la censura d'arbitrio potendo essere riferita esclusivamente al risultato della decisione impugnata e non ai motivi che ne stanno alla base (Cocchi/ Trezzini, c.p.c.-TI, art. 327, m. 14; DTF 129 I 173 consid. 3.1), deve essere respinto. Tasse, spese e ripetibili seguono la soccombenza (art. 148 c.p.c.).