A. Con PE n. ... del 15/16 dicembre 2004 dell'UEF di ..., AO 1 ha escusso AP 1 per l'incasso dell'importo complessivo di CHF 123.541,30, composto (1) della somma capitale di CHF 102.834,40 oltre interessi al 3.5 % dal 28 aprile 1999, (2) della capitalizzazione di interessi dal 28 aprile 1999 al 6 dicembre 2004 e (3) dall'importo di CHF 4.211,15 per spese di giudizio. Interposta tempestiva opposizione, la procedente ne ha chiesto il rigetto definitivo.
B. La procedente fonda la sua pretesa nei confronti di AP 1 sulla sentenza 22 giugno 2000 con cui il Giudice unico del Tribunale di ... ha condannato AP 1 a pagare a ..., la somma di LIT. 128.420.000 aumentati degli interessi legali, oltre alle spese di giudizio. La procedente produce pure il verbale dell'assemblea straordinaria di ..., tenutasi il 29 gennaio 2001, in occasione della quale è stata deliberata la sua trasformazione in una società per azioni, sotto la denominazione AO 1.
C. All'udienza di contraddittorio del 7 luglio 2005 l'escussa si è opposta all'istanza, rilevando che nel biennio 1998/1999 ... aveva usufruito dei servizi di alcune emittenti private, tra cui ..., utilizzando in modo assolutamente abusivo il nome dell'escussa: in pratica lui e le sue imprese avrebbero goduto di servizi pubblicitari, mentre la fatturazione sarebbe avvenuta a carico della convenuta, completamente estranea ai fatti ed in nessuna relazione di rappresentanza con il signor .... A suo dire la vicenda avrebbe addirittura avuto un risvolto penale ancora in corso, ciò che giustificherebbe la sospensione della procedura esecutiva. L'escussa ha inoltre ravvisato una violazione dell'art. 27 cifra 1 CL in quanto, se da un canto il giudice italiano le aveva notificato la domanda introduttiva di causa - cui non aveva risposto - dall'altro non l'aveva citata alle successive udienze, impedendole così di partecipare all'assunzione delle prove in ossequio al diritto di essere sentita. L'escussa ha pure evidenziato che secondo il giudizio italiano, creditrice era ..., e non AO 1. Vista l'assenza di documenti ufficiali - quali la «visura camerale (atto equipollente al nostro estratto RC)» - atti a dimostrare che la società per azioni sarebbe nata dalla trasformazione da S.r.l. in S.p.A. e che la nuova entità aveva ripreso la totalità degli attivi e passivi della precedente società, nulla proverebbe che il credito in oggetto sia di competenza dell'istante.
D. Con sentenza 2 agosto 2005 il Pretore ha accolto l'istanza. Ha anzitutto appurato che la sentenza italiana era stata notificata dall'istante all'escussa il 7 gennaio 2004 e ancora successivamente dal Tribunale d'appello il 3 marzo 2005. A suo tempo era stata altresì notificata, sempre per rogatoria, la domanda processuale introduttiva (atto di citazione). Ha poi stabilito che vi era identità tra procedente e creditrice, atteso che dall'estratto del Registro delle imprese emergeva che ... era stata trasformata in AO 1, aumentando il capitale sociale. Il Pretore ha così escluso che vi sia violazione dell'ordine pubblico formale svizzero (art. 27 cifra 1 e 28 CL), in quanto la convenuta aveva ricevuto l'atto di citazione il 26 aprile 1999 e, pertanto, aveva avuto la facoltà di far valere i suoi diritti. Infine, non ha ritenuto dati i presupposti per la richiesta sospensione del processo.
E. Contro la sentenza pretorile si aggrava tempestivamente AP 1 con atto del 12 agosto 2005, riproponendo tutte le argomentazioni di prima sede. L'appellante evidenzia in particolare, di non avere ricevuto nulla dalle autorità italiane dopo la notifica dell'atto di citazione. Certo il 7 gennaio 2004 il legale svizzero di controparte le ha trasmesso copia della sentenza del Tribunale di ..., ricevuta pure il 3 marzo 2005 per il tramite del Tribunale di appello; sennonché, a quel momento, il termine per inoltrare un mezzo di ricorso ordinario era già decorso, mentre i mezzi straordinari di intervento erano oramai inefficaci. A mente dell'appellante, privare una parte dei diritti di ricorso è inconciliabile con l'art. 6 CEDU e con l'ordine pubblico procedurale svizzero.
F. Nelle sue osservazioni 26 settembre 2005 AO 1 conclude per la reiezione dell'appello, sulla base di argomenti di cui si dirà, se del caso, nel seguito.
Considerato in diritto:
1. In sede d'appello il convenuto contesta anzitutto che AO 1, la società creditrice secondo il precetto esecutivo, sia titolare del credito posto in esecuzione: che l'istante fosse subentrata a ..., non significherebbe che la nuova società ne abbia rilevato attivi e passivi.
La questione in parte è già stata affrontata nell'ambito di un primo e analogo procedimento esecutivo avviato dall'istante. Vistasi respingere dal Pretore un'istanza di rigetto definitivo dell'opposizione, ... aveva adito questa Camera che, a sua volta, aveva respinto l'appello perché non era stata dimostrata la relazione tra ... e AO 1 Per essere opponibile all'escussa, occorreva dimostrare - ciò che allora mancava - l'avvenuta iscrizione nel registro delle imprese della trasformazione subìta dall'istante o quantomeno, che la circostanza fosse altrimenti nota alla convenuta (cfr. CEF 25 novembre 2004 – inc. 14.2004.53).
Nella procedura che ci concerne, sono stati versati agli atti la copia autentica conforme all'originale 2 marzo 2004 dell'atto pubblico 29 gennaio 2001, n. ... di repertorio del notaio ..., comprendente oltre al verbale di assemblea (già prodotto nell'ambito della prima procedura) anche lo statuto sociale della neo costituita AO 1, provvista dell'attestato 4 marzo 2004 rilasciato dall'autorità italiana secondo la Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961 (RS 0.172.030.4) (doc. F). Dai medesimi, a parte gli adeguamenti puramente formali imposti dalla trasformazione da S.r.l. in S.p.A., risulta un aumento di capitale (doc. F: «verbale d'assemblea», pag. 2 e n. 1 a pag. 4, «statuto sociale», pag. 2 ad art. 6). Questa volta, l'esito della trasformazione in società per azioni risulta iscritto nel Registro delle imprese, come emerge dal relativo estratto (doc. G) e come si evince dall'originale del Certificato storico della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di ... 25 gennaio 2005 (doc. H). Come a ragione rileva l'appellata e come ha accertato il primo giudice, dalla documentazione prodotta risultano sia l'aumento di capitale, sia la regolare operazione di mutazione della forma giuridica della società procedente; per contro, non v'è nessun elemento - né a livello di atto costitutivo, né negli statuti in quanto intesi a indicare tutte le modifiche dipendenti da quelle delibere (doc. F, pag. 5) - che serva anche solo da indizio di una decisione in base alla quale la società procedente non abbia assunto i diritti e gli oneri della precedente società a responsabilità limitata. Ulteriori prove all'istante non possono essere richieste, tanto più che controparte non dà nessuna indicazione sul motivo della propria eccezione, anche a fronte dell'ampia documentazione prodotta.
2. In virtù dell'art. 80 cpv. 1 LEF quando il credito sia fondato su una sentenza esecutiva, il creditore può chiedere in giudizio il rigetto definitivo dell'opposizione. Sono segnatamente parificate a sentenze esecutive le transazioni e i riconoscimenti di debito giudiziali (art. 80 cpv. 2 n. 1 LEF). Questa definizione concerne tuttavia solo i titoli retti dal diritto federale o cantonale (cfr. Gilliéron, Commentaire de la LP, vol. I, Losanna 1999, n. 30 ad art. 80; apparentemente in questo senso: Staehelin, Basler Kommentar zum SchKG, vol. I, Basilea/Ginevra/ Monaco 1998, n. 3 ad art. 80). Il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni e titoli assimilati esteri è regolato dalle convenzioni bilaterali o multilaterali concluse dalla Svizzera o, per difetto, dalla LDIP (cfr. art. 25 ss. e 28 LDIP). Trattandosi di una decisione estera di condanna al pagamento di una somma di denaro, l'eventuale pronuncia del rigetto dell'opposizione richiesto sulla base di questo titolo presuppone la dichiarazione di esecutività da parte del giudice del rigetto (procedura di exequatur, art. 32 CL; Staehelin, op. cit., n. 59 e 68 ad art. 80; DTF 125 III 386, Sentenza TF 5P.275/2002).
In concreto, non è contestata l'applicabilità della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Convenzione di Lugano, CL). Il titolo di rigetto invocato (doc. C/E) è posteriore all'entrata in vigore di questa convenzione per l'Italia (Paese di origine), avvenuta il 1. dicembre 1992, e per la Svizzera (Paese in cui è chiesto il riconoscimento), avvenuta il 1. gennaio 1992 (cfr. art. 54 cpv. 1 CL).
3. L'appellante chiede che la procedura esecutiva sia sospesa fino a conclusione della contestuale procedura penale da lei promossa. Ora, di per sé l'art. 30 cpv. 1 CL non si riferisce ad altre procedure, consentendo all'autorità giudiziaria di uno Stato contraente davanti alla quale è chiesto il riconoscimento di una decisione resa in un altro Stato contraente di sospenderne il procedimento, qualora essa sia stata impugnata. Ma, la semplice disponibilità da parte di uno studio legale a formulare ricorso (doc. 3), non adempie certo questa condizione. Per quanto ne è della pretesa procedura penale in corso, oltretutto, non si ravvisano indizi circa la sua esistenza. Al riguardo, l'appello, non è quindi fondato.
4. La parte che invoca il riconoscimento o chiede l'esecuzione di una decisione deve produrre i documenti specificati agli art. 46 e 47 CL (cfr. art. 33 cpv. 3 CL). Il giudice del rigetto esamina d'ufficio che i documenti siano formalmente regolari e completi e che non sia dato un caso di esclusione del riconoscimento ai sensi degli art. 27 e 28 cpv. 1 e 2 CL (Staehelin, op. cit., n. 70 ad art. 80, Stücheli, Die Rechtsöffnung, tesi Zurigo 2000, pag. 120 e 277 s.).
a) Giusta l'art. 46 cifra 1 CL, l'istante deve produrre una spedizione completa che presenti tutte le formalità necessarie alla sua autenticità, senza che sia necessaria una legalizzazione da parte di una rappresentanza diplomatica o consolare svizzera né mediante l'apposita postilla prevista all'art. 3 della Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961 (sopra, consid. 1) (Staehelin, op. cit., n. 70 ad art. 80; Kropholler, Europäisches Zivilprozessrecht, Kommentar zu EuGVÜ und Lugano - Übereinkommen, 6a ed., Heidelberg 1998, n. 1 ad art. 49; Kropholler, Europäisches Zivilprozessrecht, Kommentar zu EuGVO, Lugano-Übereinkommen und Europäischem Vollstreckungstitel, 8a ed., Frankfurt am Main 2005, n. 1 ad art. 56). In concreto, la procedente ha esibito due copie, dichiarate conformi all'originale della sentenza italiana 22 giugno 2000 (doc. C ed E). La condizione prevista dall'art. 46 cifra 1 CL è pertanto adempiuta. La questione è peraltro pacifica.
b) Trattandosi di una decisione contumaciale poiché la convenuta non ha partecipato al processo italiano, va pure prodotto l'originale o una copia conforme di un documento comprovante che la domanda giudiziale o un atto equivalente è stato notificato o comunicato alla parte contumace (art. 46 cifra 2 CL). In concreto, anche questa condizione - peraltro pacifica anch'essa - risulta adempiuta: infatti, agli atti figura la copia dell'atto di citazione 8 aprile 1999 del Tribunale di ..., con il bollo ed il timbro della Corte d'appello ... e la «relata di notifica». Al documento è poi allegata l'attestazione di ricevuta 26 aprile 1999 dell'escussa e l'originale della conferma dell'avvenuta notifica per rogatoria, per il tramite del Tribunale d'appello di Lugano, pervenuta all'autorità italiana il 7 maggio 1999, come attesta il timbro in basso a destra del documento (doc. B, pag. 1). Ciò, in ossequio a quanto previsto dalla Convenzione dell'Aia del 15 novembre 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all'estero degli atti giudiziari e extragiudiziari in materia civile o commerciale (CLA65 in: RS 0.274.131).
c) La parte che chiede l'esecuzione (e non solo il riconoscimento) deve, inoltre, produrre qualsiasi documento atto a comprovare che, secondo la legge dello Stato di origine, la decisione è esecutiva ed è stata notificata (art. 47 cifra 1 CL). La sentenza italiana agli atti reca l'attestazione 18 novembre 2003 da parte del Tribunale ordinario di ..., quale «copia esecutiva conforme all'originale» (doc. C, foglio 5; doc. E, foglio 3). Il medesimo tribunale - anche se di per sé non costituisce un requisito essenziale (Donzallaz, La Convention de Lugano, vol. II, Berna 1997, n. 3737) - ha contestualmente certificato che «non essendo stata proposta alcuna impugnazione nei termini di legge, la sentenza che precede ha fatto passaggio in cosa giudicata» (doc. C, foglio 5 retro). L'appellante poi non contesta che la sentenza gli sia pervenuta, ovvero una prima volta il 7 gennaio 2004 con invio raccomandato da parte del patrocinatore di controparte (doc. D) e, una seconda volta, il 3 marzo 2005, ad opera del Tribunale d'appello di Lugano, come afferma la stessa appellante.
Del resto, salvo i casi eccezionali espressamente previsti dalla legge italiana (art. 326 CPCit) - e che l'appellante non ha mai concretamente sostanziato - il convenuto avrebbe potuto impugnare la sentenza con un mezzo ordinario entro il termine massimo di un anno («termine lungo» e perentorio) dalla sua pubblicazione (art. 327 comma 1 CPCit). Ma, si volesse considerare come dies a quo il giorno in cui la parte ha avuto conoscenza della decisione ossia - in concreto - il 7 gennaio 2004, non risulta che l'appellante abbia anche solo tentato di salvaguardare quel termine annuale (Picardi, Codice di Procedura Civile, 3a ed., Milano 2004, n. 5 ad art. 327, pag. 1244): né la convenuta lo ha mai preteso, la produzione di uno scritto con cui uno studio legale si dichiara disposto a formulare «ricorso» (doc. 3) - peraltro datato 4 luglio 2005 e quindi comunque tardivo rispetto al citato termine di un anno - essendo del tutto insufficiente al riguardo. Donde, il passaggio in giudicato della sentenza italiana (art. 324 CPCit). Anche il requisito posto dall'art. 47 cifra 1 CL è quindi realizzato.
5. Giusta l'art. 34 cpv. 2 CL, l'istanza di exequatur può essere respinta solo per uno dei motivi contemplati dagli art. 27 e 28 CL. Questi devono essere esaminati d'ufficio dal giudice dell'esecuzione, che non è però tenuto a ricercare di propria iniziativa i fatti rilevanti (cfr. Kropholler, op. cit., 6a ed., n. 7 ad art. 34 con rinvio; nello stesso senso: Staehelin, op. cit., n. 71 ad art. 80; Gilliéron, op. cit., n. 103-105 ad art. 81; Stücheli, op. cit., p. 278). Spetta infatti al convenuto addurre i motivi che si oppongono al riconoscimento della sentenza estera (Donzallaz, op. cit., n. 3587). Nel presente caso - a detta dell'appellante - il riconoscimento della sentenza italiana vìola l'ordine pubblico svizzero ai sensi dell'art. 27 cifra 1 CL.
6. Il Pretore ha già ricordato che il rispetto dell'ordine pubblico presuppone - sotto il profilo processuale - il rispetto del diritto alla difesa previsto dall'art. 6 CEDU, garanzie procedurali che, nell'ordinamento svizzero, sono esplicitamente previste dall'art. 29 Cost. A ciò, basti aggiungere che l'ordine pubblico svizzero è violato - nel caso di riconoscimento di una decisione straniera - quando la stessa offende manifestamente il sentimento svizzero di giustizia in maniera intollerabile, contravvenendo a principi fondamentali. Una semplice differenza con la soluzione prevista dal diritto interno svizzero non è sufficiente a giustificare l'applicazione dell'eccezione dell'ordine pubblico (Kropholler, op. cit., 6a ed., n. 4 ss. ad art. 27; Kropholler, op. cit., 8a ed., n. 5 ss. ad art. 34; Donzallaz, op. cit., n. 2841; in materia fallimentare: DTF 126 III 107 s., cons. 3b). L'appellante ritiene leso l'ordine pubblico per tre motivi:
a) A detta dell'appellante la sentenza contumaciale italiana le è stata validamente notificata il 3 marzo 2005, ossia circa quattro anni dopo il suo deposito (doc. C: 15 febbraio 2001), privandola del suo diritto di impugnazione. E questo, sarebbe inconciliabile con l'ordine pubblico procedurale svizzero. Ora, la sentenza è stata dichiarata esecutiva e passata in giudicato il 18 novembre 2003 (sopra, consid. 4c). Quindi, prima che l'escusso ne avesse avuto conoscenza. Legittimo pertanto esaminare se ciò sia compatibile o no con l'ordine pubblico svizzero. Scopo primo della notifica di una decisione è quella di permettere al convenuto (contumace) di prendere atto del contenuto della sentenza, garantendogli così la possibilità di adempiere volontariamente ai suoi obblighi (Kropholler, op. cit., 6a ed., n. 3 ad art. 47). E, questo prima che ne venga autorizzata l'esecuzione in territorio straniero. Essenziale pertanto, sotto il profilo dell'ordine pubblico, è che il debitore abbia avuto modo di decidere se eseguire quanto impostogli dallo Stato che ha emesso la sentenza e, in caso contrario, introdurre gli opportuni rimedi di diritto (Donzallaz, op. cit., n. 3747 e 3748).
In concreto, già si è detto, esaminando l'adempimento delle condizioni poste dall'art. 47 cifra 1 CL (sopra, consid. 4c), che l'appellante, saputo della sentenza il 7 gennaio 2004, non ha intrapreso alcun passo a salvaguardia dei suoi interessi. Non è pertanto dato di vedere, come sia possibile ravvisare in ciò una violazione dell'ordine pubblico processuale svizzero.
b) La ricorrente intravede nella notifica della sentenza italiana avvenuta con largo ritardo rispetto alla sua emanazione, una volta ormai decorsi i termini di impugnazione, un manifesto abuso di diritto ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC. Il rimprovero sembra invero più rivolto all'apparato giudiziario italiano in genere, che non è parte al procedimento in oggetto, ma non all'istante. In effetti quest'ultima, nemmeno era obbligata a trasmettere alla convenuta copia della sentenza pronunciata in Italia, di cui oggi chiede il riconoscimento. La censura, non sufficientemente sostanziata, non merita ulteriore approfondimento.
c) L'appellante lamenta la violazione del suo diritto di essere sentito e quindi di partecipare ad un equo processo, come garantito dall'art. 6 CEDU e dall'ordinamento svizzero. Secondo l'art. 27 cifra 1 CL il diritto di essere sentito deve certamente essere garantito. È tuttavia necessario commisurarlo al sistema e alla struttura prevista dal diritto procedurale straniero (Donzallaz, op. cit., n. 2838; Kropholler, op. cit., 6a ed., n. 11 ad art. 27; Kropholler, op. cit., 8a ed., n. 15 ad art. 34), ossia nel presente caso quello italiano. L'atto di citazione italiano, validamente notificato all'appellante (come prescritto dall'art. 27 cifra 2 CL), illustrava dettagliatamente le pretese rivendicate al suo riguardo (doc. B). Nel documento si trova un preciso esposto dei fatti e dei motivi che hanno condotto l'istante a dare avvio alla causa in Italia (di quasi tre pagine), l'indicazione della data, del luogo e dell'ora prevista per l'udienza, come pure l'ingiunzione di costituirsi in giudizio entro 20 giorni dall'udienza con l'avvertimento «che in difetto incorrerà nelle decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. e, in difetto di costituzione, la causa procederà in sua contumacia» (doc. B, pag. 3). Sullo stesso sono peraltro indicati in dettaglio i mezzi di prova su cui l'istante fondava le sue pretese (doc. B, pag. 3 retro). Il tribunale italiano ha quindi accertato che «nel caso in specie, tutte le formalità previste risultano essere state rispettate dalla società attrice, così che la contumacia della convenuta è stata correttamente dichiarata», decidendo sulla base dei documenti agli atti (doc. C, pag. 3 in basso; doc. E, pag. 4 in basso). Circostanze queste ultime, riguardo alle quali – peraltro - l'appellante non ha mai sollevato dubbi.
7. A conferma della sentenza del Pretore, l'appello 12 agosto 2005 va pertanto respinto.